I licheni della Valle del Ticino nel 50° anniversario del Parco Lombardo

Oggi il Parco Lombardo della Valle del Ticino compie 50 anni!!!
Istituito ufficialmente il 9 gennaio 1974, fu il primo Parco Regionale d’Italia e il primo parco fluviale d’Europa. Dal 2002 è riconosciuto come Riserva MAB UNESCO, limitata inizialmente proprio alla sola valle fluviale ed estesa in seguito, prima nel 2014 e poi nel 2018, fino ad abbracciare tutto il Lago Maggiore e la selvaggia Val Grande (nella piemontese provincia di Domodossola), coprendo quindi un’area vastissima che spazia dal confine svizzero fino alla confluenza del Ticino nel Po al Ponte della Becca, poco a sud di Pavia. Il Parco ingloba al suo interno ben 14 Zone Speciali di Conservazione, istituite ai sensi della Direttiva Habitat, che fanno parte della Rete Natura 2000.
L’area protetta abbraccia tutti i 110 km del corso sublacuale del Ticino e copre una superficie di circa 91.800 ettari distribuiti tra le province di Varese, Milano e Pavia (solamente in quest’ultima su entrambe le sponde del fiume), ed è suddivisa oggigiorno in due aree con differenti vincoli di protezione: il Parco Regionale, meno vincolato, che comprende tutta la parte urbanizzata ed agricolizzata del territorio originario del Parco, e il Parco Naturale, maggiormente vincolato e limitato ai 20.000 ettari di territorio più prossimi all’asta fluviale, che costituiscono il ‘cuore verde’ dell’area protetta, dove sono sopravvissuti la maggior parte degli habitat naturali di pregio. Questa conservazione a lungo termine di molti habitat e delle specie che vi vivono è certamente merito dell’esistenza del Parco almeno per quanto riguarda l’ultimo mezzo secolo, ma ha un rilevante precedente nel fatto che, prima dell’istituzione dell’area protetta, buona parte del territorio era ricompresa all’interno di fondi privati – principalmente tenute di caccia o aree militari, fondi notoriamente propensi a mantenere una certa stabilità al loro interno, con la significativa aggiunta del divieto di accesso ai più: due elementi vitali per la buona conservazione di molti ecosistemi naturali, dal momento che abbassano la possibilità che si verifichi del disturbo antropico massiccio.
In un’area geografica come la Pianura Padana, che è la più impattata dall’uomo in Europa – ha infatti il più elevato tasso di consumo di suolo e di inquinamento a livello continentale, primati dei quali credo faremmo tutti volentieri a meno – è rilevante soprattutto il ruolo di cruciale importanza che la valle del Ticino riveste non solo come serbatoio di biodiversità, ma anche come corridoio ecologico. Quest’ultimo ruolo è forse più lampante e velocemente intuibile se lo si guarda dal punto di vista faunistico, pensando ad esempio all’espansione verso sud di specie come il picchio nero o la martora, che nell’ultimo quarto di secolo hanno disceso la valle arrivando ormai fino alle porte di Pavia, o a quella verso nord del lupo, che negli ultimi quindici anni è risalito dall’Appennino – che inizia pochi chilometri a sud della confluenza del Ticino nel Po – per arrivare praticamente fino ai piedi del Lago Maggiore: senza il mantenimento un’elevata qualità ambientale negli ecosistemi situati lungo l’asta fluviale del Ticino, questa e tante altre storie di (ri)colonizzazione oggi non si potrebbero raccontare.

Questo per quanto riguarda il Parco – in merito al quale, naturalmente, maggiori informazioni si possono reperire sul sito ufficiale.
E per quanto riguarda i licheni del Parco?

Ho già dedicato numerosi post sul blog (e ancora di più sul profilo Instagram) al racconto della preziosissima funzione che la valle del Ticino svolge per la conservazione della biodiversità lichenica della Pianura Padana. Ancora oggi, in questo straordinario territorio ci si può imbattere in situazioni ambientali ormai ristrette ma ancora sorprendenti, vestigia di antichi habitat un tempo molto più estesi e conservatisi, a volte si direbbe davvero quasi solo per puro miracolo, in frammenti sopravvissuti fino ai nostri giorni.
E proprio la lung(hissim)a storia di protezione dell’intera valle fluviale ha reso possibili questi miracoli negli habitat più importanti per i licheni.
Ad esempio in quei pochi brandelli di bosco serviti come rifugi per le specie forestali, sopravvissute alla massiccia deforestazione occorsa nella prima metà del Novecento grazie a poche roccaforti rimaste intatte, come ad esempio il Bosco Siro Negri di Zerbolò (v. qui e qui). Oppure negli habitat aridi – praterie e brughiere, delle quali sul blog ho parlato spessissimo (v. qui e qui) – rifugi altrettanto importanti, stavolta per specie terricole di cui buona parte ormai completamente scomparse (o quasi) dalla Pianura Padana, che ne testimoniano l’originaria ricchezza, con anche specie che fino a un decennio fa venivano ritenute esclusive, alle nostre latitudini, di fasce altitudinali più elevate.
L’attento studio della ricchezza lichenica del Parco è quindi stato importante non solamente per rendere una panoramica generale sulla diversità presente in questo territorio, ma anche per affinare le conoscenze sulla distribuzione (e quindi sulla biogeografia) di alcune specie e gli effetti che certi cambiamenti ambientali (non solamente climatici, ma anche ‘semplicemente’ legati alla gestione…o alla sua mancanza!) possono avere proprio sui licheni.
Le informazioni raccolte in tanti anni di ricerche lichenologiche (una cui cronistoria avevo tentato di abbozzare in questo post) sulle specie presenti nel Parco sono state condensate nell’ultima edizione dell’Atlante della Biodiversità del Parco del Ticino, che è stato pubblicato online l’anno scorso sotto forma di sito web. Si tratta di un aggiornamento dei precedenti Atlanti pubblicati nel 1999 e nel 2002, nell’ambito del quale ho collaborato curando la parte relativa ai licheni – non limitata solamente agli aggiornamenti sulle nuove scoperte, ma comprensiva anche, banalmente-ma-non-banalmente, di un aggiornamento sulla sempre troppo dinamica nomenclatura lichenologica. Con un incremento rispetto alla situazione precedente, la checklist dei licheni del Parco Ticino Lombardo conta ora 159 taxa – e posso anticipare che ulteriori aggiunte, ancora allo studio all’epoca della pubblicazione dell’Atlante, sono in dirittura d’arrivo per essere rivelate.

Quali prospettive ci sono ora per i licheni della valle del Ticino? – e includo nel ragionamento anche il Parco che tutela il lato piemontese, più giovane di 4 anni rispetto a quello lombardo, dal momento che in un’ottica naturalistica non ha assolutamente alcun senso separare entità artificiali che sono diverse solo amministrativamente, se la realtà geografica che tutelano è un continuum.
Sicuramente quella di proteggere questo patrimonio inestimabile, per conservare tutte le specie che sono sopravvissute finora e, perché no, porre le basi per eventuali (ri)colonizzazioni di specie che – anche se di certo meno mobili e quindi più lente del picchio nero, della martora o del lupo – trovando un ambiente ben conservato a loro congeniale, potrebbero un giorno discendere dalle Prealpi ed andare ad aumentare ulteriormente questa biodiversità lichenica.
La passività però non è sufficiente, tutt’altro. La conservazione della biodiversità è un concetto attivo, dinamico, per perseguire il quale non è sufficiente immobilizzare una situazione nella speranza che le cose vadano da sole per il verso giusto. Serve quindi anche gestire alcune situazioni, affinché eventuali alterazioni – evitabili se contrastate in tempo e nel modo giusto – non vadano ad inficiare gli effetti della protezione. Un esempio tipico è la gestione attiva e mirata degli habitat aperti aridi, sulla quale ho già più volte espresso le debite considerazioni.
Ma anche aggiungere la gestione alla ‘semplice’ protezione non è ancora sufficiente per conseguire una efficace conservazione della biodiversità; serve inderogabilmente un terzo elemento, che è lo stare sempre all’erta e monitorare costantemente la situazione, anche dove crediamo che tutto sia ben protetto e conservato, per poter cogliere più in fretta possibile eventuali scompensi dovuti a qualsiasi alterazione possa sfuggire alle nostre previsioni o al nostro controllo. Di nuovo, non pensiamo solamente agli imprevedibili effetti del cambiamento climatico (che pure vanno assolutamente tenuti in conto), ma anche a quelli – sempre difficili da prevedere in toto – di modificazioni verificantisi in aree prossime a quelle di valore lichenologico che possano in qualche modo arrivare ad influenzarle; ma ormai anche ad eventi imprevedibili e del tutto eccezionali, come le tempeste anomale dell’estate scorsa che hanno devastato alcuni dei più begli stand forestali a carpino bianco del Parco (nei boschi del Castagnolo, della Ghisolfa, della Fagiana), riducendoli a deprimenti cimiteri di alberi ed eliminando buona parte dei forofiti su cui si trova(va)no specie che in questo contesto sono esclusive della scorza liscia e ben ombreggiata del carpino bianco.
Un atteggiamento attivo nei confronti della conservazione e attento anche a quelle componenti della biodiversità spesso tralasciate – perché poco studiate, o semplicemente poco ‘appealing‘ per il grande pubblico – sarebbe la missione che ogni ente gestore di aree protette dovrebbe cercare di perseguire ad ogni costo. Concetto ancora più valido per quelle aree protette ben coscienti dell’estrema importanza strategica della loro esistenza e del loro corretto funzionamento. L’auspicio è quindi che il Parco del Ticino, proseguendo nel solco del grande lavoro svolto finora, possa continuare a lungo a garantire la conservazione della biodiversità – lichenica e non – del territorio che gli compete, non dimenticando mai la crucialità di rivestire al meglio questo ruolo attivo.

Ad maiora, Parco Lombardo della Valle del Ticino!

Il Parco supporta la biodiversità lichenica…nel modo più letterale possibile: Candelariella reflexa, Amandinea punctata, Placynthiella icmalea e Lepraria sp. su segnaletica sentieristica in legno nel Bosco della Ghisolfa.


Riferimenti bibliografici

  • Roella V. 1999. Licheni epifiti. In: Furlanetto D. (a cura di). Atlante della biodiversità nel Parco Ticino. New Press, Como. pp. 17-18.
  • Valcuvia Passadore M., Brusa G., Chiappetta D., Delucchi C., Garavani M., Parco V. 2002a. Licheni. In: Furlanetto D. (a cura di). Atlante della Biodiversità nel Parco Ticino. Vol. 1: elenchi sistematici. Consorzio Lombardo Parco della Valle del Ticino, Milano: 105-127.
  • Valcuvia Passadore M., Brusa G., Chiappetta D., Delucchi C., Garavani M., Parco V. 2002b. Licheni. In: Furlanetto D. (a cura di). Atlante della Biodiversità nel Parco Ticino. Vol. 2: monografie. Consorzio Lombardo Parco della Valle del Ticino, Milano: 7-44.
  • Gheza G. 2023. LICHENI. In: AA.VV. 2023. Atlante della Biodiversità del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Parco Lombardo della Valle del Ticino. Disponibile online: https://biodiversita.parcoticino.it/

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