Una brutta sorpresa – alias licheni rari, gestione forestale e mancanza di protezione

Purtroppo non si fanno sempre e solo belle scoperte.
Ieri, costretto ad un giro ‘tranquillo’ dalla giornata piovosa, sono passato dalla Pista degli Abeti di Schilpario, quel magico bosco in cui faccio sempre una capatina in questo periodo dell’anno per raccogliere dal sottobosco i rametti caduti durante l’inverno, che in genere si presentano carichi di licheni anche molto interessanti, prima che con la bella stagione la lettiera li inglobi e li decomponga. È stato giusto cinque anni fa che, proprio lì e proprio con questa ormai collaudata modalità, avevo scoperto la presenza di alcune specie che possono essere molto difficili da trovare, dal momento che si sviluppano soprattutto sui rametti della canopea piuttosto che sui tronchi ad un livello raggiungibile da un osservatore che sta ben piantato a terra (ne avevo parlato in questo post). Tra di esse spiccavano Hypotrachyna laevigata e Parmotrema arnoldii, grandi e rare Parmeliacee fogliose di Lista Rossa, nonché Cetrelie, che, appronfondendo le analisi durante l’ultimo anno, si sono rivelate appartenere non soltanto a Cetrelia cetrarioides, ma anche ad altre congeneri, tra le quali una perfino più rara.
Questo sito, che ancora oggi ben rientra nella descrizione che Giovanni Battista Adami dava nell’Ottocento delle foreste scalvine come “incomparabilmente le più belle della Lombardia“, è così ricco di specie rare grazie alle sue particolarità macroclimatiche (è situato in una delle zone più piovose delle Orobie) e microclimatiche (si trova sul fondo scarsamente pendente di un tratto stretto della valle ed è attraversato dal torrente Dezzo), che consentono la permanenza dell’umidità atmosferica necessaria per la sopravvivenza di queste specie licheniche. Basta salire anche di poco lungo i fianchi delle due dorsali che delimitano la valle e queste specie delicatissime scompaiono, a volte nel giro di pochi metri, tanto sono peculiari e localizzate le condizioni che ne determinano la presenza.
Sfortunatamente fa da contraltare a queste condizioni ambientali favorevolissime il fatto che il sito non sia ufficialmente soggetto ad alcun tipo di tutela: pur trovandosi ai margini sia del Parco Naturale delle Orobie Bergamasche sia della ZSC “Alta Val di Scalve”, è esterno ad entrambi, e quindi non vincolato agli accorgimenti che dovrebbero (il condizionale è sempre d’obbligo…) tutelare gli habitat naturali nelle aree protette. E i boschi non tutelati sono maggiormente soggetti al taglio.
Purtroppo ciò che mi sono trovato davanti ieri è stato lo scempio fatto in alcuni degli appezzamenti più ricchi di licheni di questo tratto di foresta. Il taglio massiccio che mi sono trovato davanti porta due problemi principali: uno diretto, cioè la perdita di alberi-habitat, e uno indiretto, ossia la modificazione, in alcuni casi radicale, della struttura dell’habitat, che è uno dei principali fattori che influenzano il microhabitat. In un punto sono stati abbattuti così tanti abeti che temo che la struttura del bosco così sconvolta porterà alla scomparsa di queste specie delicatissime; basta infatti una maggiore insolazione per modificare radicalmente le dinamiche dell’umidità atmosferica che ne consentivano la sopravvivenza. In un altro punto sono stati abbattuti meno alberi, e se il taglio non continuerà questo potrebbe tutto sommato non costituire un problema così grande. Bisogna però anche ragionare in un’ottica di popolazione: quanti superstiti sono necessari/sufficienti per fare sì che la popolazione sopravviva? Verrebbe da dire: the more, the better.
Non si può fare una colpa alla tradizionale gestione forestale così come viene applicata fuori dalle aree protette; spetta ad altri il compito di segnalare le emergenze ambientali e provvedere alla loro tutela, cosa che non sempre viene fatta, o non sempre viene fatta bene. È pur vero però che una maggiore attenzione alla biodiversità sarebbe opportuna anche fuori dai contesti formalmente protetti, specialmente nello scenario attuale. Ma chi fa mai caso ai “negletti licheni“!? Per cominciare a sperimentare questa attenzione sarebbe necessario acquisire delle conoscenze almeno basilari sugli organismi che andrebbero tutelati. E volerle acquisire.
Certo è che aggirarsi tra le ramaglie lasciate a terra dei boscaioli trovandovi sopra talli enormi di specie rarissime (e verosimilmente in via di estinzione) non solamente in Lombardia ma su tutte le Alpi italiane, lascia davvero l’amaro in bocca…

Talli enormi di Parmotrema arnoldii, Cetrelia sp. pl. e altre Parmeliacee, a volte anche più grandi della mia mano, recuperati tra le ramaglie lasciate a terra dopo il taglio.

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