Novità marchigiane dall’Ottocento

Non finirò mai di ripetere quanto gli erbari siano delle risorse preziosissime, e infatti continue riconferme di questo fondamentale concetto stanno arrivando lavorandoci.

Uno dei servizi più utili offerti dai campioni d’erbario, di cui avevo già parlato in questo post, consiste nel rendere disponibile materiale per confermare o smentire antiche segnalazioni di letteratura. Ho già mostrato diversi casi (ad esempio qui) in cui un confronto diretto con campioni d’erbario conservati per più di un secolo ha consentito di fare chiarezza su alcune segnalazioni dubbie, che sono state così riportate alla loro giusta dimensione. Rideterminare un vecchio exsiccatum può infatti permettere di risalire alla vera identità della specie nel caso in cui l’identificazione originale appaia inattendibile, sfociando in uno di questi tre risultati:
1) conferma della specie originariamente dichiarata;
2) smentita della specie originariamente dichiarata e conseguente esclusione della specie errata dalla flora lichenica dell’area interessata, senza ulteriori conseguenze in caso la specie corretta sia già nota dall’area interessata;
3) smentita della specie originariamente dichiarata e conseguente aggiunta della specie corretta nella flora lichenica dell’area interessata, nel caso in cui questa non vi fosse già presente.

Ebbene, proprio a questo terzo caso si riferiscono due segnalazioni recentemente pubblicate per la flora lichenica delle Marche, che si è arricchita di due Cladine: Cladonia arbuscula e Cladonia mitis (Nascimbene et al. 2021).
Si tratta del primo risultato scaturito dalla revisione attualmente in corso delle specie presenti nell’Erbario Bertoloni, conservato presso l’Erbario dell’Orto Botanico di Bologna (BOLO). Ovviamente la parte più consistente dell’Erbario è costituita da materiale vascolare, ma sono presenti, nella sezione crittogamica, anche 5 faldoni che contengono in totale 839 exsiccata lichenici (Ceschin et al. 2019), ed è naturalmente a quelli che mi riferisco qui.
Di per sé, quel che è successo è piuttosto banale: controllando i campioni di Cladine presenti nell’Erbario Bertoloni, ho appurato – oltre al fatto che svariate “Cladonia rangiferina” erano invece campioni di Cladonia furcata! [1] – che alcune di esse non erano, come dichiarato dall’etichetta, Cladonia rangiferina, bensì altro. Di preciso, per l’appunto, alcuni campioni erano riferibili a C. arbuscula e altri a C. mitis. La cosa interessante è che questi campioni erano stati raccolti nel 1846 in una località attualmente situata nelle Marche, regione in cui queste specie non sono mai state riportate in precedenza dalla letteratura lichenologica.

Uno dei campioni di Cladonia arbuscula dell’Erbario Bertoloni, erroneamente identificato come Cladonia rangiferina (sotto). Si nota anche un errore ben più grossolano, e cioè che Bertoloni aveva classificato come “Cladonia rangiferina” anche alcuni esemplari di Cladonia furcata, ben diversa dalle Cladine (sopra) [1]. Per gentile concessione Herb. BOLO.

Questo genera una sorta di paradosso: le due Cladine vengono riportate come “nuove per le Marche”…ma non abbiamo idea se effettivamente siano ancora presenti nella località in cui furono raccolte quasi due secoli fa! (e quindi nella regione, dato che questa sarebbe l’unica località marchigiana nota per entrambe).
Ecco quindi che la naturale conseguenza di queste indagini d’erbario dovrebbe essere la verifica in campo della situazione attuale, a distanza anche di tempi ragguardevoli, come in questo caso. Questo sarebbe ovviamente molto importante ai fini della stima della persistenza delle specie, che certamente potrebbe aiutare nella pianificazione della conservazione, nella modellizzazione delle dinamiche di popolazione o dell’estinzione delle specie, e così via.

Nota biogeografica conclusiva: ad oggi, la località marchigiana di Cladonia mitis è la più meridionale nota per la nostra penisola; ulteriore elemento di interesse, trattandosi di una specie a distribuzione boreo-alpina.


Riferimenti bibliografici


Note

[1] Si tratta però di un errore che ho già incontrato in altri erbari storici che ho studiato, ad esempio in quelli di Ottorino Balzarini ed Emilio Rodegher (entrambi attualmente conservati in PAV): entrambi avevano scambiato della ‘banale’ Cladonia furcata per Cladonia rangiferina. Consideriamo che, come anche nel caso di Bertoloni, si trattava pur sempre di botanici che non avevano conoscenze approfondite sui licheni, e che inoltre 150-200 anni fa era molto più difficile procurarsi buone chiavi per l’identificazione, cosa che a noi oggi viene facilissima semplicemente con una veloce ricerca sul web. Mi chiedo però se un errore così ‘sistematico’ non potesse forse essere dovuto a qualche imprecisione nella chiave usata da questi autori, ma non sapendo quali testi avessero usato è difficile accertarsene.

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