Protezione, esclusione e conservazione

“Esclusione” è un concetto che non richiama alla mente delle belle cose, tutto il contrario; è tuttavia importante comprendere che, se si tratta di conservazione della natura, l’esclusione può essere un male necessario. O semplicemente una necessità, perché in effetti considerarla un ‘male’ è peccare di antropocentrismo.

In questa immagine, scattata a cavallo della recinzione che separa un fondo privato da un sentiero ciclopedonale pubblico nel Parco del Ticino Piemontese, salta subito all’occhio l’esistenza di un confine netto tra due situazioni radicalmente diverse: da un lato è palese l’opulenza di una ricca comunità lichenica terricola che caratterizza marcatamente la vegetazione, mentre dal lato opposto i licheni mancano totalmente e anche le piante erbacee sono diverse, più fitte ma più uniformi.
Il substrato è esattamente lo stesso. Il clima è esattamente lo stesso. Gli inquinanti depositati dall’atmosfera pure. E per forza di cose, perché ci troviamo esattamente nello stesso punto del globo.
E allora perché sui due lati della rete abbiamo due cose completamente diverse? La situazione ricca di licheni si trova all’interno del fondo privato, mentre all’esterno, lungo il frequentatissimo sentiero, abbiamo la situazione che invece ne è priva.
Ovviamente quelle identiche erano le condizioni di partenza del sito; poi, nel corso del tempo, è stata anche la differente evoluzione del substrato, dovuta ai differenti regimi di calpestio presenti ai due lati della rete, ad influenzare l’evoluzione della vegetazione…e dei licheni con lei. E così, lungo il sentiero all’interno del fondo privato, che è rimasto più o meno tranquillo per decenni, i licheni (e le piante vascolari tipiche dei prati aridi) hanno potuto prosperare nella situazione idonea e stabile che vi si trovava in partenza; mentre al contrario, risentendo direttamente del calpestio (che ha compattato il fondo stradale), forse della competizione con le piante più ‘aggressive’ il cui arrivo è stato favorito proprio dal calpestio, e verosimilmente anche di una discreta nitrificazione di origine canina, sono completamente scomparsi al di fuori della recinzione.

Sembrerà forse la scoperta dell’acqua calda, ma un calpestio intenso e/o continuativo è fortemente nocivo per i licheni terricoli.
È vero, proprio in uno dei primi lavori del mio dottorato (Gheza et al. 2018) avevamo stabilito che nelle praterie aride indagate il calpestio non aveva un impatto negativo sui licheni; ma in quel caso la ragione era che si trattava di praterie per lo più poco frequentate, dove il calpestio era di base un evento raro. Nel caso mostrato in foto, invece, la situazione è ben diversa e certamente più comparabile a quella studiata da altre ricerche che hanno invece evidenziato l’effetto fortemente negativo del calpestio intenso sulle comunità di licheni terricoli in prossimità di sentieri frequentati (es. Bayfield 1979, Bayfield et al. 1981, Grabherr 1982, Jägerbrand & Alatalo 2015), particolarmente impattante quando i licheni sono secchi e si frantumano più facilmente, piuttosto che quando, da umidi, resistono meglio a questo tipo di stress (es. Cooper et al. 2001, Heggenes et al. 2017, 2020).

Qual è la soluzione per evitare che i licheni scompaiano a causa del calpestio?
Ce lo suggerisce il titolo del post, e anche questa sembrerà la (ri)scoperta dell’acqua calda.
La conservazione della natura – e dei licheni con lei – è un processo complesso e dinamico, costituito da diverse parti che devono equilibrarsi ed interagire correttamente affinché gli sforzi fatti arrivino a conseguire una conservazione realmente efficace. Una di queste parti fondamentali è la protezione in senso stretto, la quale può, in caso di necessità, avvalersi della decisione di escludere completamente la frequentazione umana da siti di particolare pregio naturalistico che risentono negativamente di interferenze anche minime. È il concetto alla base delle cosiddette “riserve naturali integrali”. Alcuni habitat, come le foreste vetuste o, appunto, le praterie ricche di licheni, necessitano proprio di non essere impattate dall’attività umana per poter conservare tutta la biodiversità che custodiscono, e la loro tutela va pianificata tenendo debito conto di questo fatto.

Conservazione, protezione e – non meno importante – gestione dei licheni e dei loro habitat sono l’argomento del webinar che terrò questo pomeriggio per la Società Lichenologica Italiana. È un argomento per certi versi ‘scomodo’ e che si presta a polemiche, per cui…speriamo bene…


Riferimenti bibliografici

  • Bayfield N.G. 1979. Recovery of four montane heath communities on Cairngorm, Scotland, from disturbance by trampling. Biological Conservation 15 (3): 165-179.
  • Bayfield N.G., Urquhart U.H., Cooper S.M. 1981. Susceptibility of four species of Cladonia to disturbance by trampling in the Cairngorm mountains, Scotland. Journal of Applied Ecology 18: 303-310.
  • Cooper E.J., Smith F.M., Wookey P.A. 2001. Increased rainfall ameliorates the negative effect of trampling on the growth of high arctic forage lichens. Symbiosis 31: 153-171.
  • Gheza G., Assini S., Marini L., Nascimbene J. 2018. Impact of an invasive herbivore and human trampling on lichen-rich dry grasslands: soil-dependent response of multiple taxa. Science of the Total Environment 639: 633-639.
  • Grabherr G. 1983. The impact of trampling by tourists on a high altitudinal grassland in the Tyrolean Alps, Austria. Vegetatio 48: 209-217.
  • Heggenes J., Odland A., Chevalier T., Ahlberg J., Berg A., Larsson H., Bjerketvedt D.K. 2017. Herbivore grazing – or trampling? Trampling effects by a large ungulate in cold high-latitude ecosystems. Ecology and Evolution 7 (16): 6423-6431.
  • Heggenes J., Fagertun C., Odland A., Bjerketvedt D.K. 2020. Soft resilience: moisture-dependent lichen elasticity buffer herbivore trampling in cold alpine-tundra ecosystems. Polar Biology 43: 789-799.
  • Jägerbrand A.K., Alatalo J.M. 2015. Effects of human trampling on abundance and diversity of vascular plants, bryophytes and lichens in alpine heath vegetation, Northern Sweden. SpringerPlus 4: 95.

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