Dal ristretto al vasto: i tratti funzionali ci svelano risposte complesse di Cladonia alle caratteristiche dell’habitat e al cambiamento climatico

I cosiddetti tratti funzionali sono quelle caratteristiche proprie di un organismo che si rivelano importanti nel guidarne le risposte ai fattori ambientali che agiscono su di esso (Koch et al. 2019). In soldoni, le caratteristiche biologiche, anatomiche e morfologiche delle specie viventi possono essere considerate loro tratti funzionali.
A fini applicativi, i tratti funzionali possono essere considerati con valori numerici oppure solamente a livello qualitativo. Con le piante vascolari si considerano soprattutto tratti quantitativi (altezza degli steli, vitalità dei semi, spessore del parenchima clorofilliano, per fare alcuni esempi), mentre nei licheni si considerano in genere tratti categoriali. Quando il tratto considerato non è numerico ma categoriale, le specie possono essere aggregate in gruppi funzionali, cioè gruppi di specie che presentano lo stesso tipo di tratto. Ad esempio, nei licheni uno dei principali tratti è la forma di crescita del tallo – crostoso, squamuloso, foglioso, fruticoso, composto. Anche il tipo di fotobionte (alga verde coccoide, alga verde trentepolioide, cianobatterio) è uno dei tratti fondamentali più considerati, così come le modalità di riproduzione, ecc. ecc.

Che differenza c’è tra studiare i tratti delle comunità licheniche piuttosto che altri parametri più usati, come la ricchezza e la composizione specifica?
I tratti funzionali ci possono dare informazioni diverse. Le specie sono uniche, mentre i tratti accomunano più specie diverse, pur potendo essere allo stesso tempo variabili tra specie strettamente imparentate o con simili esigenze ecologiche. Studiare i tratti diventa allora importante per capire come mai specie filogeneticamente vicine possano comportarsi in modi molto diversi, o, viceversa, perché specie filogeneticamente lontane possano avere le stesse reazioni ad un medesimo fattore ambientale o di disturbo.
Se tra gli anni Novanta e l’inizio del nostro secolo l’interesse degli studi lichenologici applicati era focalizzato prevalentemente sull’indagine degli effetti degli inquinanti, che si basavano sulla valutazione di ricchezza e composizione delle comunità licheniche, le emergenze ambientali attualmente in atto – tra cui primeggiano il cambiamento climatico e la perdita/frammentazione/modificazione degli habitat – suggeriscono che un metodo più efficace per indagarne gli impatti sulle comunità licheniche possa essere proprio quello di indagare la diversità funzionale, vale a dire la diversità di questi tratti.

Lo studio dei tratti può dimostrarsi particolarmente rivelatorio se abbiamo a che fare con comunità in cui la diversità tassonomica sia bassa, mentre quella dei tratti elevata.
Un caso esemplare sono le comunità di licheni terricoli nelle praterie acidofile della Pianura Padana occidentale: in questo contesto, l’unico genere presente è Cladonia, in alcuni casi anche con un discreto numero di specie; la diversità tassonomica quindi, sebbene talvolta buona a livello specifico, risulta quasi ‘banalizzata’ dal fatto che tutte le specie appartengano ad un unico genere.Ben altra cosa però per quanto riguarda la diversità funzionale: Cladonia è infatti un genere molto diversificato su vari livelli, in primis per quanto riguarda la morfologia dei podezi (tallo secondario), che sono molto variabili da specie a specie, ma anche dal punto di vista chimico (metaboliti secondari prodotti nel tallo). E questa variabilità non era mai stata approfonditamente indagata in precedenza.
Questa situazione molto intrigante mi ha portato ad ideare una ricerca che ho poi sviluppato insieme all’aiuto di alcuni colleghi – in primis Luca, indispensabile appoggio statistico e compare di infinite discussioni – e che è stata recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista Microorganisms (Gheza et al. 2021).

Area e siti di studio: le praterie aride acidofile della Pianura Padana occidentale (Piemonte e Lombardia) (da Gheza et al. 2021).

Il focus della ricerca è su un Habitat molto particolare del quale ho parlato spesso (qui, qui, qui), ossia le praterie aride su substrati acidi, che sono caratterizzate da una precarietà dovuta soprattutto al dinamismo della vegetazione, prima causa della loro scomparsa.
In forza di questo fatto, sono quindi state considerate come caratteristiche ambientali potenzialmente aventi un’influenza sui tratti di Cladonia, oltre al clima (temperatura e precipitazioni), al substrato (pH del suolo) e al disturbo (calpestio e impatto di un Lagomorfo invasivo, v. Gheza et al. 2018), anche le forme biologiche delle piante vascolari [1], che sono ottimi descrittori del dinamismo della vegetazione negli habitat aperti, dove le terofite dominano gli stadi più pionieri, le emicriptofite e le geofite gli stadi intermedi e maturi, e la presenza di camefite e fanerofite indica un’ulteriore maturità tanto della comunità vegetale quanto del suolo.
Questi descrittori del contesto ambientale sono stati messi in correlazione con tre gruppi di tratti funzionali appositamente ridefiniti con l’esplicito intento di dare risalto alla variabilità funzionale presente nel genere Cladonia.

Il primo gruppo di tratti selezionato è stato la morfologia del tallo.
Come si diceva, Cladonia presenta una variabilità morfologica elevatissima, che la precedente letteratura sui tratti funzionali ha ‘banalizzato’ riducendola a due (fogliosi, fruticosi) o massimo tre (fogliosi, fruticosi con podezi semplici, fogliosi con podezi ramificati) forme di crescita.
Considerando le combinazioni possibili tra presenza/assenza delle due componenti del tallo (le squamule del tallo primario e i podezi del tallo secondario), la morfologia dei podezi e le dimensioni di entrambe le componenti, si è arrivati a poter considerare ben sei forme di crescita.

Le sei forme di crescita considerate in questo studio, raffigurate in scala; si nota chiaramente come anche le dimensioni medie, oltre alla morfologia, siano molto differenziate.

Il secondo gruppo di tratti tradizionalmente considerato riguarda le modalità di riproduzione.
Solitamente ci si limita a valutare se una specie predilige la riproduzione sessuata (che in Cladonia si realizza tramite ascospore prodotte da apoteci) o asessuata tramite qualche tipo di propagulo (soredi, nel caso di Cladonia).
Ma Cladonia presenta un’interessante ulteriore possibilità, e cioè considerare anche la posizione dei picnidi sul tallo. I picnidi sono strutture deputate alla produzione di conidi, propaguli che attuano la riproduzione vegetativa del fungo simbionte del lichene. La variabilità morfologica di questo genere lichenico fa sì che alcune specie abbiano i picnidi sul tallo primario, altre sui podezi; e le cose cambiano, poiché ci si potrebbe aspettare una maggiore efficacia a colonizzare ambienti pionieri, più instabili e sfavorevoli, da specie che possono produrre propaguli più in fretta (se hanno picnidi sul tallo primario), piuttosto che da specie che li producono più tardivamente (se li hanno sui podezi). Era un’ipotesi interessante da testare.

I due livelli di strategie riproduttive considerati: apoteci vs soredi (sopra) e picnidi sulle squamule vs picnidi sui podezi (sotto).

Il terzo gruppo di tratti ha incluso i principali metaboliti secondari, composti chimici peculiari dei licheni che sono piuttosto studiati in forza di potenzialità farmacologiche molto promettenti [2], ma ancora ampiamente ignoti dal punto di vista della comprensione dei loro ruoli ecologici. E chiaramente per degli ecologi è questo secondo aspetto, seppur negletto dai più, a risultare maggiormente intrigante.
Tra i più comuni metaboliti in Cladonia si trovano l’atranorina, la zeorina e gli acidi fumarprotocetrarico, omosekikaico, rangiformico e usnico.

L’indagine delle correlazioni tra i tratti e le caratteristiche ambientali ha dato risultati sorprendenti, innanzitutto perché l’analisi statistica ha fatto emergere molte più correlazioni significative di quante ce ne aspettassimo, e poi perché alcune di queste correlazioni in particolare ci hanno consentito di formulare ipotesi piuttosto interessanti che potrebbero migliorare la nostra comprensione di alcune interazioni tra licheni e ambiente circostante.

Grafico che mostra le correlazioni significative (quadrati colorati) tra i tratti funzionali di Cladonia (asse verticale) e le variabili ambientali considerate (asse orizzontale); correlazioni positive in colori freddi, correlazioni negative in colori caldi (da Gheza et al. 2021).

Tra i risultati più interessanti figurano sicuramente alcune correlazioni con i descrittori della dinamica della vegetazione, che hanno rivelato che le specie con podezi semplici di piccole dimensioni e quelle con picnidi sulle squamule sono legate agli stadi pionieri, mentre quelle con podezi ramificati agli stadi più maturi.

Molto soddisfacente è stato anche dimostrare numerose correlazioni tra i metaboliti e alcuni fattori ambientali, altro elemento marcatamente innovativo, se si considera che i lavori che in precedenza hanno tentato con successo di mettere in relazione i metaboliti dei licheni terricoli con le caratteristiche ambientali sono stati pochissimi (Zraik et al. 2018).
In particolare è risultato molto interessante verificare due correlazioni opposte con la copertura delle piante vascolari più sviluppate (camefite e fanerofite, che per degli organismi alti pochi centimentri come i licheni possono essere considerate paragonabili a quella che è per noi la volta arborea di un bosco): le specie con acido usnico rifuggono questa copertura, mentre quelle con atranorina sembrano trovarcisi benone. Entrambe queste osservazioni supportano due ruoli ipotizzati da letteratura precedente per questi metaboliti: l’acido usnico sembra avere una funzione di fotoprotezione (Farkas et al. 2020), e quindi è più utile a specie che crescono in situazioni esposte alla radiazione solare, mentre l’atranorina sembra avere un ruolo nel migliorare l’efficienza fotosintetica in condizioni di scarsa illuminazione (Rao & LeBlanc 1965), pertanto è certamente più utile a licheni che crescono in posizioni più ombreggiate.

Ho poi potuto ottenere uno spunto per approfodire una questione su cui mi interrogavo da un po’: com’è possibile che specie così diverse per dimensioni, morfologia e strategie riproduttive come Cladonia cariosa, Cladonia rei e Cladonia rangiformis, abbiano in comune in fatto di essere diffusissime anche in ambienti sfavorevoli ai licheni terricoli e in genere dominanti nelle comunità licheniche in cui si trovano? La risposta potrebbe risiedere nei loro metaboliti: infatti, tutte e tre contengono acido rangiformico e/o acido omosekikaico, ed entrambi questi metaboliti hanno mostrato correlazioni positive con tutti gli stadi della dinamica vegetazionale, sia con i pionieri che con i maturi, suggerendo quindi che il tratto che determina una così ampia diffusione e valenza ecologica possa essere proprio la presenza del metabolita. Comprendere meglio il ruolo ecologico di queste due sostanze potrebbe forse aiutarci a comprendere meglio anche il successo delle specie che li producono: ottimo spunto per ricerche future.

C. cariosa (sinistra), C. rei (centro) e C. rangiformis (destra) sono tre specie diffuse ed abbondanti, che molto spesso dominano la vegetazione lichenica nella quale sono presenti.

Infine, sono state evidenziate anche delle relazioni che possono fungere da campanello d’allarme nei confronti del cambiamento climatico; e, sebbene la maggior parte di queste correlazioni abbia dato un segnale negativo, sorprendentemente si è osservato che le specie con atranorina sembrano invece essere favorite dalle condizioni che verranno modificate dal riscaldamento globale, ossia un aumento delle temperature e una diminuzione delle precipitazioni.

Posso apertamente dirmi molto soddisfatto di questo studio, non solamente perché ha consentito di approfondire i tratti funzionali di Cladonia in un modo che secondo me meritavano a pieno titolo, ma soprattutto perché ha fornito veramente molti spunti interessanti.
Il prossimo passo sarà approfondire alcuni di questi spunti…


Riferimenti bibliografici

  • Farkas E., Biró B., Szabó K., Veres K., Csintalan Z., Engel R. 2020. The amount of lichen secondary metabolites in Cladonia foliacea (Cladoniaceae, lichenised Ascomycota). Acta Botanica Hungarica 62: 33-48.
  • Gheza G., Assini S., Marini L., Nascimbene J. 2018. Impact of an invasive herbivore and human trampling on lichen-rich dry grasslands: soil-dependent response of multiple taxa. Science of the Total Environment 639: 633-639.
  • Gheza G., Di Nuzzo L., Vallese C., Barcella M., Benesperi R., Giordani P., Nascimbene J., Assini S. 2021. Morphological and chemical traits of Cladonia respond to multiple environmental factors in acidic dry grasslands. Microorganisms 9 (2): 453.
  • Koch N.M., Matos P., Branquinho C., Pinho P., Lucheta F., de Azevedo Martins S.M., Ferrao Vargas V.M. 2019. Selecting lichen functional traits as ecological indicators of the effects of urban environment. Science of the Total Environment 654: 705-713.
  • Rao D.N., LeBlanc F. 1965. A possible role of atranorin in the lichen thallus. The Bryologist 68: 284-289.
  • Zraik M., Booth T., Piercey-Normore M.D. 2018. Relationship between lichen species composition, secondary metabolites and soil pH, organic matter, and grain characteristics in Manitoba. Botany 96: 267-279.

Note

[1] Le “forme biologiche” sono state introdotte dal botanico danese Christen Raunkiaer, e sono pertanto note anche come “Sistema Raunkiaer”. Classificano la morfologia delle piante vascolari basandosi sulle modalità con cui queste superano la stagione avversa, considerando come carattere fondamentale la posizione delle gemme svernanti. Di seguito le definizioni solamente di quelle contemplate nell’ambito della nostra ricerca.
Terofite: piante erbacee annuali che superano la stagione avversa sotto forma di seme.
Emicriptofite: piante erbacee bienni o perenni con gemme svernanti poste a livello del terreno.
Geofite: piante erbacee perenni con organi sotterranei di riserva (bulbi o rizomi) in cui si conservano le gemme svernanti.
Camefite: piante legnose solamente alla base con gemme svernanti poste ad un’altezza dal suolo tra 5 e 25 cm.
Fanerofite: piante completamente legnose con gemme svernanti poste a più di 25 cm dal suolo, e quindi generalmente esposte durante la stagione avversa.

[2] Alcuni tra i ruoli ecologici attestati per alcuni di questi metaboliti riguardano un’azione biocida diretta verso vari fronti: per controllare la proliferazione delle cellule del fotobionte all’interno del tallo, per combattere eventuali competitori nell’ambiente circostante attraverso azioni allelopatiche (impedire la germinazione dei semi o delle spore di altre specie uccidendoli), per scoraggiare gli erbivori dal nutrirsi dei talli che li contengono (alcuni sono veri e propri veleni, come l’acido vulpinico). Queste capacità fanno sì che alcuni metaboliti vengano ampiamente studiati nella ricerca farmacologica per sfruttarne le potenzialità antimicrobiche, antimicotiche e perfino antitumorali.

3 pensieri riguardo “Dal ristretto al vasto: i tratti funzionali ci svelano risposte complesse di Cladonia alle caratteristiche dell’habitat e al cambiamento climatico

  1. Caro, Gabriele. Ogni tuo articolo è per me una nuova porta su un mondo meraviglioso. Ho scaricato il tuo studio su Microorganism e lo leggerò con attenzione nella speranza di avvicinarmi alla comprensione di questo universo. L’ipotesi di lavoro è originale e decisamente importante che apre gli occhi a coloro che, come me, si approcciano alle materie naturalistiche con la speranza di “dare un nome” alla specie. Passo necessario ma che accontenta solo le mie smanie classificatorie-erudite. Non so quando e se arriverò a comprendere, purtroppo non ho una preparazione scientifica adatta. Per questo ti chiedo un parere: come posso fare per seguire le lezioni universitarie tue e dei tuoi colleghi? Mi devo iscrivere all’Università? O posso iscrivermi a corsi singoli? Adesso che la didattica è online potrebbe esserci qualche possibilità?
    Grazie. Con tanta stima
    Oretta

    "Mi piace"

    1. Cara Oretta, grazie come sempre per il gradito apprezzamento. Alla sua domanda sinceramente non saprei rispondere purtroppo, dovrebbe provare a chiedere a qualche lichenologo con una posizione fissa in un’Università – la mia al momento purtroppo non lo è.
      Alla prossima!

      "Mi piace"

Lascia un commento