I dossi sabbiosi della Lomellina

La Lomellina è il settore nordoccidentale della provincia di Pavia, delimitata a ovest dal Sesia, a est dal Ticino e a sud dal Po. Si tratta di un’area fortemente impattata dall’attività umana, in particolar modo da quella agricola: la maggior parte del territorio è coltivata a riso, mais e pioppo, e gli ambienti (semi)naturali sono limitati per lo più all’asta fluviale del Ticino e, al di fuori di quell’area, ad alcuni siti puntiformi assediati dal paesaggio risicolo circostante.

In origine la Lomellina era ricoperta da boschi di latifoglie dominati da farnia ai quali si alternavano acquitrini e paludi nelle zone più umide e dossi sabbiosi nelle zone sopraelevate su substrati drenanti. Quest’ultimo elemento del paesaggio in particolare è molto interessante.
Analoghi per antichità e modalità di formazione alle grandi dune sabbiose dell’entroterra centro-europee (Paesi Bassi, Germania, Polonia), i “dossi” della Lomellina, detti anche “sabbioni”, erano delle dune di sabbia soggette al rimodellamento da parte del vento. La formazione dei depositi che hanno originato i dossi risale al Diluvium recente, il periodo in cui le fiumane originate dallo scioglimento delle calotte glaciali che ricoprivano l’Italia settentrionale durante l’ultima glaciazione portarono a valle un’enorme quantità di detriti (Boni 1947). L’azione del vento seppellì i detriti più grossi e pesanti – pietre e ciottoli – sotto la sabbia, che venne modellata in dune e dossi.

“Dossi” di Remondò

Un tempo molto più diffusi in Lomellina, i dossi vennero spianati dall’uomo fin dall’epoca romana per ottenere terreno agricolo (Boni 1947).
Ad oggi ne sopravvivono alcuni piccoli relitti presso Cergnago e Remondò, dove la morfologia a dossi, seppur sempre più nascosta dalla vegetazione boschiva, che li ha ormai colonizzati quasi completamente, è ancora apprezzabile con un po’ di spirito d’osservazione.

Di per sè, i dossi ospitano una vegetazione erbacea molto povera, caratterizzata da uno spiccato carattere pioniero – indispensabile per poter sopravvivere su un substrato sabbioso, che drena velocemente la poca acqua disponibile e si riscalda molto velocemente nella bella stagione. È però una vegetazione molto interessante non solamente per questa sua particolarità, ma anche perché è dominata da una pianta molto rara, il Corynephorus canescens (Assini 2007), che privilegia proprio questo tipo di ambienti sabbiosi aridi.
La vegetazione dei dossi attirò l’interesse dei botanici pavesi già dalla metà del Novecento (Bertossi 1950; Corbetta 1968; Assini 2007).

Prateria a Corynephorus canescens

Le situazioni pionere su substrati minerali (cioè su suoli poco evoluti e ancora poveri di materia organica), in cui le piante vascolari sono sfavorite, sono in genere molto favorevoli per licheni e briofite. Infatti sui “dossi” sono presenti ricche comunità di questi organismi, che già i botanici di cui sopra avevano notato e citato sbrigativamente, ma non studiato approfonditamente.

Proprio lo studio di queste comunità è stato il mio primo vero lavoro lichenologico, iniziato con la tesi triennale (flora: Gheza et al. 2015) e proseguito con quella magistrale (vegetazione: Gheza et al. 2016).

Licheni terricoli sui “sabbioni” della Lomellina

La principale particolarità della flora lichenica dei dossi è la presenza di ricche comunità di licheni terricoli, una vera rarità nella Pianura Padana. Per di più, tali comunità terricole non ospitano solamente specie comuni e diffuse (Cladonia foliacea, Cladonia furcata, Cladonia rangiformis), ma anche alcune specie rare nella pianura (Cetraria aculeata, Cladonia cervicornis), o rare (Cladonia portentosa) e addirittura estremamente rare in tutta Italia (Stereocaulon condensatum) (Gheza 2015; Gheza et al. 2015, 2016).

Radura sabbiosa nel bosco di farnia che ricopre i Dossi di Cergnago

Entrambe le aree a dossi sono di norma inaccessibili: quella di Cergnago ricade in una riserva di caccia privata, quella di Remondò è divisa tra due diverse basi militari.
Motivati da ragioni di studio scientifico, ci è stato concesso l’accesso sia all’area di Cergnago sia a parte dell’area di Remondò, e abbiamo potuto appurare delle differenze sostanziali tra i due siti.

A Cergnago i dossi e le superfici di sabbia nuda sono quasi scomparsi, sebbene siano ancora presenti sia la prateria a Corynephorus canescens sia i licheni che ne sono più tipici (Gheza 2015; Gheza et al. 2015, 2016). Il bosco di farnia avanza e, se non si prendono provvedimenti, a breve le aree aperte scompariranno, e con loro questi licheni così interessanti e preziosi (Assini 2008).

A Remondò le dune sabbiose occupano invece ancora superfici abbastanza ampie, ma anche qui è evidente che l’azione negativa dell’avanzata del bosco si sta già manifestando. Sulle ampie superfici sabbiose, punteggiate qua e là da residui delle attività militari, è ben visibile una spessa ‘crosta’ di licheni e muschi, dominata da specie di Cladonia, ma all’interno della quale trovano posto anche Cetraria aculeata e Stereocaulon condensatum (Gheza 2015; Gheza et al. 2016).

Cetraria aculeata solitaria in cima a una duna sui Dossi di Remondò

La vegetazione pioniera dei dossi della Lomellina è attribuibile a un habitat protetto a livello europeo (Direttiva 1992/43/CEE) inserito nella Rete Natura 2000: l’Habitat 2330 “Praterie aperte a Corynephorus e Agrostis su dossi sabbiosi interni”. Gli scampoli di questo Habitat presenti sui dossi della Lomellina relittuali sono gli unici presenti in tutta Italia, e andrebbero perciò opportunamente tutelati e valorizzati.

Quest’ultimo punto si presenta problematico sotto molti aspetti, non ultimo quello dell’impatto sull’opinione pubblica. Per la maggior parte del grande pubblico, infatti, “l’ambiente naturale” è quasi esclusivamente inteso come “il bosco”; ed è già difficile far capire l’importanza delle aree umide, figuriamoci quella delle aree aride, che hanno effettivamente un aspetto poco invitante. Si tratta però di ambienti importantissimi per la biodiversità, ricchi di specie altamente specializzate, che andrebbero irrimediabilmente perdute con la scomparsa di questi habitat. Licheni terricoli inclusi.

Anche se dalle foto non danno esattamente l’idea di essere posti così importanti per la biodiversità, le praterie aride sulle dune sabbiose sono l’habitat non solamente di licheni e piante, ma anche di numerosi gruppi animali (farfalle, ortotteri, carabidi, ragni, millepiedi, e tanti altri invertebrati, ma anche molti vertebrati).

È pur vero che questi scampoli di dune sabbiose non sono così ricchi di specie licheniche come le loro controparti dell’Europa Centrale: ciò è dovuto verosimilmente alla loro collocazione geografica e alle sue implicazioni climatiche, poiché a questa latitudine la maggior parte dei licheni terricoli si trovano a quote maggiori di quelle planiziali. Ma è forse dovuto ancora di più all’elevato grado di antropizzazione del territorio circostante, che nel corso del tempo ha implicato due effetti particolarmente deleteri per i licheni: perdita di habitat e inquinamento. Non è quindi da escludere che molte delle specie licheniche originariamente presenti sui dossi siano già scomparse da tempo.

Ma allora perché, dal punto di vista lichenologico, è importante cercare di conservare questi dossi sabbiosi?

Innanzitutto perché nella Pianura Padana i licheni terricoli sono rarissimi, ed è quindi importante preservare i siti in cui sono ancora presenti. Poi è rilevante il fatto che siano presenti alcune specie particolarmente interessanti, come già ricordato. In particolare Cladonia portentosa risulta anche protetta ai sensi della “Legge Regionale n. 10 del 30 marzo 2008” ed è tutelata dalla Direttiva Habitat (Allegato V), e il rarissimo Stereocaulon condensatum ha come habitat tipico le dune sabbiose dell’entroterra in aree a clima continentale, peranto i dossi della Lomellina sono gli unici siti in tutta Italia in cui lo si trova nel suo habitat tipico.

Uscendo da una prospettiva strettamente lichenologica, le ragioni naturalmente aumentano.
I dossi sabbiosi sono un elemento geomorfologico relitto che ci mostra una parte dell’aspetto primigenio della Lomellina; quasi una ‘foto ricordo’ del nostro passato.
Inoltre, il fatto che l’intero Habitat 2330 si trovi qui all’estremità meridionale del suo areale di distribuzione mondiale (Assini et al. 2013) rende particolarmente importante la sua conservazione in questi siti.
Un’ulteriore ragione di ordine generale è data infine proprio dai licheni terricoli che ne fanno parte, insieme a tutta quanta la biodiversità complessiva che questo Habitat porta con sè.


Riferimenti bibliografici


Appendice

Elenco e galleria fotografica dei licheni terricoli presenti
nelle praterie a Corynephorus dei Dossi della Lomellina.

Cetraria aculeata

Cladonia cervicornis

Cladonia foliacea

Cladonia furcata
(insieme a Cladonia foliacea nella prima foto e a Cladonia rangiformis nella seconda)

Cladonia portentosa

Cladonia rangiformis

Cladonia rei

Stereocaulon condensatum