Cercando licheni lombardi…in Toscana

Anche se può sembrare solo una scusa per farsi un giretto tra le bellezze di Firenze sbocconcellando un panino al lampredotto, la pura verità è che i contorti sentieri della storia della botanica hanno portato fino al capoluogo toscano dei licheni nativi delle valli lombarde…e hanno portato me sulle loro tracce.

La caleidoscopica vertigine della facciata mozzafiato del Duomo di Firenze e del suo Battistero. Occhio, che il lampredotto sbrodola.

La tenace ricerca di segnalazioni di licheni bergamaschi mi ha portato fin qui, a causa della ‘soffiata’ datami da un lavoro sui Parmotrema italiani (Coassini Lokar et al. 1987) nel quale vengono citati nientemeno che P. crinitum e P. reticulatum per la Val Brembana, raccolti da Rodegher e conservati in FI – sigla internazionale dell’Erbario dell’Università di Firenze.
Leggere della raccolta di queste due specie in Val Brembana e della loro presenza in FI mi ha stupito per due motivi: innanzitutto, perché sono due specie abbastanza rare, per lo meno in Lombardia; e poi, soprattutto, perché ero convinto che tutti gli exsiccata di Rodegher noti si trovassero in PAV – l’Erbario dell’Università di Pavia – dove è noto da tempo che si trovano le sue collezioni botaniche (Valcuvia Passadore & Pavan Arcidiaco 1992) e dove io stesso avevo revisionato i campioni lichenici rodegheriani negli anni scorsi. Il fatto che l’erbario lichenico di Rodegher in PAV corrispondesse bene (anche se non esattamente al 100%) con la lista di licheni comunicata da Baroni (1893) in riferimento a raccolte appunto di Rodegher, mi aveva fatto pensare che l’attività lichenologica del botanico bergamasco si fosse limitata a quanto già noto. Ma evidentemente mi sbagliavo.
Mi è parso quindi importante cercare di capire l’entità del materiale lichenologico rodegheriano presente nelle collezioni fiorentine. E ovviamente l’unico modo era effettuare di persona una ricognizione in FI.

Inseguire degli exsiccata per gli erbari può non essere un lavoro semplice, specialmente quando non si sa con esattezza quanti e quali siano questi exsiccata, e del resto, in questo caso, nemmeno se ne esistessero veramente altri oltre a quelli menzionati in letteratura. L’unica informazione certa era che due esemplari brembani di Rodegher si trovavano in FI; che potessero esservene altri era solo possibile, non certo.
Il peggio è che, in assenza di un elenco informatizzato delle collezioni, per sperare di trovare i campioni che si cercano bisogna per forza consultare tutti i faldoni, il che si traduce in un non indifferente dispendio di tempo e nell’inalazione di un considerevole quantitativo di polvere secolare.

Dopo una giornata di ricerche, qualcosa è saltato fuori. Tutti gli exsiccata che ho rintracciato, una quindicina in totale, sono stati raccolti da Rodegher in Val Brembana, determinati – non sempre correttamente – da Antonio Jatta e donati a FI da E. Baroni nel 1901. Alcuni sono stati revisionati di recente (i Parmotrema da Nimis negli anni ’80, alcune Cladonia da Ahti nel 2016).
Già la provenienza è interessante, poiché né nel lavoro di Baroni (1893) né nell’Erbario Rodegher (oss. pers.) sono presenti esemplari provenienti dalla Val Brembana, un’assenza effettivamente strana, dal momento che, considerando la vasta estensione di quel comprensorio, appariva strano che Rodegher non vi avesse raccolto licheni; questi exsiccata rivelano che invece ne aveva raccolti anche in quella valle.

Ma come sono finiti degli exsiccata di Rodegher nell’Erbario di Firenze? La ricostruzione di questa vicenda – che probabilmente riveste un qualche interesse unicamente per il sottoscritto – non è facile, e la mia è molto speculativa.
I campioni rodegheriani brembani in FI sono tutti registrati come provenienti dalla collezione di E. Baroni (“Da E. Baroni. Agosto 1901.” recitano i cartellini relativi).
Sappiamo che Baroni aveva ricevuto da Rodegher la raccolta su cui si basa il suo contributo lichenologico del 1893, ma non si può dire se in quel lavoro ne fossero menzionati tutti gli exsiccata, anche se sembra ragionevole presumere di sì. È possibile che quelli rimasti indeterminati (se effettivamente ce ne siano stati) siano stati spediti ad Antonio Jatta, che era all’epoca l’unico lichenologo italiano, per l’identificazione – e se così non fosse, gli sono comunque stati spediti successivamente, dal momento che lui è indicato come determinatore.
Però da FI mancano molti exsiccata di quelli segnalati da Baroni (1893); ciò potrebbe significare che in un qualche momento la raccolta in questione sia stata restituita all’autore, dal momento che se l’intero erbario Baroni è stato acquisito da FI significa che quei campioni non ne facevano più parte al momento dell’acquisizione. L’ipotesi potrebbe essere supportata dall’esistenza in PAV di numerosi duplicati proprio di quelle specie citate da Baroni (1893), preparati su fogli distinguibili in due serie diverse (oss. pers.).
Baroni potrebbe quindi aver rimandato a Rodegher i campioni già determinati e a Jatta quelli ancora senza nome, per poi tenersi questi ultimi una volta che Jatta glieli restituì.
Si tratta solo di una contorta ipotesi, indimostrabile in assenza di carteggi tra i tre protagonisti della vicenda. Più semplice sarebbe ipotizzare che i campioni brembani vennero inviati a Baroni (e poi da lui a Jatta) successivamente agli altri.

Quel che è certo è solamente che Rodegher raccolse licheni in Val Brembana, li inviò a Baroni, questi li fece determinare a Jatta e successivamente li cedette a FI insieme al resto del suo erbario.
Purtroppo non sono presenti indicazioni precise sulle località di raccolta, ed è un vero peccato: rivisitare le località di Cetrelia cetrarioides, Parmotrema crinitum e Parmotrema reticulatum dopo più di un secolo sarebbe stato interessante sia per verificarne l’effettiva persistenza fino ai nostri giorni, sia per scoprire se per caso negli stessi siti fossero presenti anche altre specie di pregio con esigenze ecologiche simili (ad esempio, in Val di Scalve alcuni siti con C. cetrarioides e P. crinitum ospitano anche diverse altre specie epifite rare e di interesse conservazionistico, cf. Gheza 2019).


Ringrazio la dott.ssa Chiara Nepi, curatrice dell’erbario FI, per la disponibilità dimostrata in occasione della mia visita, e l’amico Luca Di Nuzzo, indispensabile aiuto per orientarsi nella lichenologia fiorentina.


Riferimenti bibliografici

  • Baroni E. 1893. Licheni raccolti dal Prof. E. Rodegher nell’Italia superiore. Bullettino della Società Botanica Italiana 1893: 70-77.
  • Coassini-Lokar L., Nimis P.L., Geatti M. 1987. Chemistry and chorology of the genus Parmotrema Massal. (Lichenes, Parmeliaceae) in Italy. Webbia 41 (1): 125-142.
  • Gheza G. 2019. The macrolichens of Val di Scalve (northern Italy) and the first record of Parmelia pinnatifida Kurok in Italy. Webbia 74 (2): 307-315.
  • Valcuvia Passadore M., Pavan Arcidiaco L. 1992. Esemplari lichenici bergamaschi e bresciani conservati a Pavia. Notiziario della Società Lichenologica Italiana 5: 39-41.

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